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COMPITI A CASA

  • elenateresf
  • 28 mar 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

ECCO UNA INTERESSANTE RIFLESSIONE CHE CI ARRIVA DA PATRIZIA

Cara Elena,

rispondo volentieri alla tua proposta, perché mai come in questo periodo della mia vita equestre è bello ritornare alle basi, ai concetti che ci devono guidare ed aiutare nei momenti di difficoltà. Questo perché ho a che fare con un cavallo giovane, all’inizio del suo addestramento, per cui nulla è scontato. Per la prima volta ho potuto avere sott’occhio lo sviluppo psicofisico di un cavallo dall’età di 15 mesi in poi. Non conosco il dettaglio della sua vita “prima di me”, se non che era stato al pascolo dopo la separazione dalla madre e che indossava la capezza e si faceva condurre alla longhina senza problemi. Riconosco inoltre che le mie osservazioni sono senz’altro molto parziali, perché parlo di un singolo cavallo… ma è pur sempre un cavallo…

Non ho pensato nemmeno per un istante di fare da sola, per cui sono stata aiutata da un professionista in ogni fase, che ha impostato un lavoro sistematico. E così posso dire che ogni cosa che Eroico ha accettato e imparato, ogni conquista, è passata attraverso la fiducia. Lui è Eroico solo di nome, di fatto è un po’ ansiosetto . Ma sciolto il timore verso una certa richiesta, verso un oggetto o azione (es. indossare la sella) il mattoncino era stabilmente messo, senza proteste. Ogni volta che si è manifestata una resistenza fisica o un malumore, c’era sempre una motivazione valida (es.: improvvisamente mordeva l’imboccatura e rifiutava di flettersi in una certa direzione: stava cambiando un dente da quel lato). Ad oggi, avendo una collezione discreta di episodi, posso dire che la fiducia deve essere reciproca. Non dico che i cavalli non possano essere “furbetti” per aggirare la fatica, ma ho imparato che prima di liquidare con l’etichetta “capriccio” un rifiuto, bisogna indagare “cosa c’è che non va?”, “dove mi son spiegata male?” anziché dire “zitto e cammina”. Ciò è enormemente apprezzato dal cavallo, sa che può esprimersi e che sarà ascoltato. E non credo troverà conveniente fregarti. Questa è fiducia.

Ma per dialogare dobbiamo essere noi bipedi per primi a imparare il loro linguaggio, ed è impegnativo. Ed è fatto di minuzie, se fosse una lingua scritta direi che ci si gioca la comprensione sull’uso di virgole e puntini! Sai, quando dicono che il cavallo è un animale nobile, adesso penso che si intenda: certo, ama l’etichetta e il linguaggio formale, ah ah ah! E questo sarà per sempre, non potrà esserci un giorno in cui potremo esprimerci attraverso un emoticon con un essere pensante che ama le vecchie buone maniere.

Sono un leader, io? Non di natura. Preferisco far andare avanti gli altri, lascio volentieri il centro della scena. Ma qui, con i cavalli, si è a scuola di vita, per cui quello che mi manca lo devo costruire. E’ un cammino. Quello che mi rassicura, nel cammino, è proprio la conoscenza, la mappa, le regole del gioco, per questo trovo indispensabili i momenti di riflessione teorica. Quello che mi piace è che essere leader non vuol dire mancare di gentilezza, non è un generale e ottuso “tira fuori gli attributi”, perché se ci fosse qualsiasi accenno di prevaricazione avrei già smesso il gioco da tempo. Invece, ogni volta, non vedo l’ora che arrivi quel magic moment in cui il leader si può congratulare con “l’allievo”: con-gratulare, non ne conosco l’etimologia, ma mi suona come qualcosa che si fa insieme, che fa star bene insieme, come una squadra.

E quando riporto il cavallo nel paddock, sfilo la capezza e lui anziché filare via verso i suoi compagni sta lì vicino alla mia spalla finché non me ne vado io, mi viene una lacrimuccia. Ma questa è un’altra storia.

LA MIA RISPOSTA

Grazie patrizia del tuo intervento.

E' molto interessante perché racconta di un'esperienza particolarissima, che è quella del puledro.

Poter seguire la crescita mentale e fisica di un cavallo giovanissimo è un'esperienza davvero unica e interessantissima, che costringe a confrontarsi veramente con tutto il processo di cui stiamo cercando di parlare.

Vorrei focalizzare l'attenzione sopratutto sul concetto di "congratularsi".

E' un termine che ha al suo interno il termine "grato".

Ecco ,essere grati è un concetto che possiamo legare a quello che dicevamo a proposito del mettere il cavallo spesso in situazioni in cui possa darci risposte positive e ricompensarlo subito al minimo accenno di assenso.

La ricompensa è tanto più efficace, quanto più è vera.

Per vera intendo che realmente bisogna godere dei piccoli risultati ed esserne grati, per davvero.

E' una condizione psicologica che sposta il focus dal risultato al processo e questo con i cavalli è fondamentale.

Saper lavorare badando ai dettagli che sorgono nel processo, saperne godere, nel caso essere disposti a fare un passo indietro, rimandare il risultato che si sta cercando a quando il cavallo sarà pronto per darlo. Invece di focalizzarsi solo sul risultato finale, evidenziando magari tutto quello che non funziona e tutto ciò che ancora manca.

Anche questo ci rende dei leader propositivi, più che dei comandanti impositivi.

E anche questo non è un processo mentale per noi così semplice, abituati come siamo a rincorrere risultati veloci e successi rapidi.

A questa riflessione ne aggancio un'altra , collegata, sulla lentezza.

Come diceva il nostro compianto maestro Claudio Bonati, i cavalli sono animali antichi e nulla sanno della velocità della modernità....ecco, questa è una delle sue frasi che mi ha insegnato di più e che mi ha fatto molto molto riflettere...spero che anche a voi stimoli qualche utile ragionamento per capire quale sforzo di cambiamento ci propongano i cavalli.

Grazie ancora Patrizia per il tuo intervento. Utilissimo.

 
 
 

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